giovedì 09 gennaio 2025
 

Consultazioni elettorali aprile 2008

Il Presidente Montezemolo, presenta ai candidati il Decalogo di Confindustria
Area: Informazioni generali - 07 marzo 2008


LA CRESCITA ECONOMICA
VERO BENE COMUNE

Le proposte di Confindustria

La vera priorità che il Paese deve assumere è la crescita economica.

Da troppo tempo l’Italia cresce poco. La crescita è insufficiente se guardiamo alle potenzialità e ai bisogni del Paese. E’ sensibilmente inferiore ai risultati delle altre nazioni industrializzate e alla media dell’Unione Europea.  E’ molto lontana rispetto ai ritmi che in passato siamo stati capaci di conquistare.

Bisogna saper dire la verità agli italiani, per quanto amara e spiacevole, anche durante la campagna elettorale. Non alimentare attese e false speranze che poi vengono deluse quando, giunti al Governo, si fa l’ovvia scoperta che la realtà è ben diversa dai sogni contenuti nelle promesse. La popolazione italiana è perfettamente in grado di capire, anche perché tocca tutti i giorni con mano i problemi e le difficoltà. E sa reagire in modo deciso e impegnarsi, come ha dimostrato tante volte nel passato anche recente.

Oggi sappiamo che sono necessarie grandi scelte, anche impopolari, che non sono senza costo.  Veniamo da troppi anni di non scelte. Ognuno deve essere pronto a fare la sua parte, nella consapevolezza che per un vero risanamento nessuno potrà pensare di scaricare gli oneri solo su altri soggetti.

Il Paese deve essere preparato ad affrontare con determinazione, senza subirle, le radicali, profonde e ancora largamente imprevedibili trasformazioni globali, sociali e ambientali che avverranno nei prossimi anni, di cui vediamo alcuni segni nei nuovi prezzi record delle materie prime. Ciò impone rapidi e drastici cambiamenti nelle politiche e nei comportamenti.

E’ urgente diminuire la spaventosa dipendenza energetica dal petrolio.

E’ indispensabile eliminare le sacche di inefficienza. Non possiamo più permetterci un settore pubblico con aree di parassitismo così estese, dove la cultura del servizio ai cittadini e alle imprese è troppo poco diffusa e prevale invece la ricerca del posto fisso e della rendita.

La spesa pubblica corrente, tolti gli interessi, assorbe il 39,6% del PIL. Questo autentico Moloch, al quale sacrifichiamo possibilità di crescita e capacità di risanamento, va ridimensionato e riqualificato, per spostare risorse verso gli investimenti e accrescere la produttività dell’intero sistema.

Dobbiamo ridurre l’enorme ammontare del debito pubblico che in Italia è il 105% del PIL,  a fronte di un 60% nel resto dell’eurozona.

Le imprese italiane hanno fatto e continueranno a fare la loro parte: la crescita dimensionale rimane una priorità e una sfida anche in termini di gestione e organizzazione.

Le aziende manifatturiere hanno dimostrato vocazione a innovare, ad accogliere le sfide delle nuove tecnologie e dei nuovi mercati; è salita la quota di imprese innovatrici (37,6% del settore manifatturiero) e oggi siamo  in linea con  Francia e Spagna, anche se continuiamo a essere lontani dalla Germania (74%). Grazie a questa vocazione nel 2007 le esportazioni italiane hanno guadagnato quote del commercio mondiale come non si vedeva da anni, nonostante una continua erosione della competitività dal lato dei costi.

Il livello dell’occupazione in rapporto alla popolazione è fortemente cresciuto grazie alle parziali iniezioni di flessibilità nel mercato del lavoro, dando nuove opportunità soprattutto ai giovani e alle donne. Rimane però il più basso d’Europa: solo il 58,4% degli italiani in età di lavoro ha un impiego, contro il 64,8% della area euro, il 67,5% della Germania e il 73,5% della Svezia (Paesi questi ultimi certo non classificabili come turbo capitalistici). Anche il grado di istruzione è in aumento ma resta nettamente inferiore a quello dei maggiori Paesi industriali.

Occorre proseguire nell’accrescere la partecipazione al lavoro e investire in capitale umano. Per ridare slancio al sistema Paese e riportarlo in modo duraturo su un alto sentiero di sviluppo occorre inoltre ripensare l’orario di lavoro e la durata della vita lavorativa. E bisogna creare una vera cultura del merito e della responsabilità, cominciando dai primi anni dell’istruzione scolastica. Solo così si può generare una grande mobilità sociale e garantire occasioni di crescita alle fasce più deboli della popolazione che sono le più colpite dalle corporazioni e dai privilegi.

I bisogni sono evidenti in ogni campo: dal livello del reddito disponibile reale per abitante, quasi fermo da oltre un decennio, alle difficoltà economiche di una parte della popolazione;  dalla grave insufficienza delle infrastrutture ai problemi della sicurezza pubblica per i cittadini e all’illegalità (sommerso, criminalità organizzata) che mina l’intera economia e la società civile.

Per affrontare davvero questi problemi è indispensabile ricominciare a crescere a ritmi almeno europei. Se dal 1992 in poi fossimo cresciuti agli stessi ritmi della media UE, oggi il nostro PIL sarebbe superiore di oltre 225 miliardi di euro. Il costo della non crescita è quindi impressionante. E’ il risultato delle tante non scelte o di scelte palesemente sbagliate, è il costo delle mancate riforme e dei tanti diritti di veto che consentono a piccole minoranze di imporsi sugli interessi generali.

Il motore della crescita sono le imprese e i lavoratori che operano in mercati concorrenziali.  Si deve creare un ambiente che assecondi la spinta al cambiamento, che permetta di cogliere appieno le opportunità offerte dalle nuove tecnologie e dall’apertura di nuovi mercati. Solo la più alta crescita consente di coniugare maggiore produttività e maggiore occupazione. E solo con una maggiore produttività è possibile aumentare la retribuzione reale dei lavoratori, nel settore privato come in quello pubblico.

Negli  ultimi  sette  anni  l’Italia ha registrato un  significativo calo  della produttività:    - 1,4%, contro l’aumento del 7% di Francia e Germania e il quasi 13% di Regno Unito e Stati Uniti. La produttività non ha una dimensione esclusivamente aziendale ma ha soprattutto una dimensione di sistema Paese: ritardi, ostacoli, inefficienze e carenze – dalle università alla burocrazia, dalle infrastrutture alla logistica, dalla giustizia alla scuola – riducono il benessere dei cittadini e danneggiano la competitività.

Si rilancia la crescita agendo sui fattori che determinano la produttività  paese.

Il mercato unico europeo è il nostro punto di riferimento. La sua dimensione, in termini di popolazione e di reddito, è tale da rappresentare una grande occasione di sviluppo, capace di resistere alle turbolenze internazionali. Per coglierne appieno le opportunità è necessario procedere a una maggiore integrazione, liberalizzando i servizi e riducendo le barriere protezionistiche, creando efficienze a favore dei consumatori. Il nuovo Trattato europeo è un passo fondamentale in direzione del superamento delle logiche nazionalistiche. L’Italia deve continuare ad adoperarsi a favore dell’integrazione dei mercati in condizione di reciprocità e deve costantemente confrontarsi con i partner europei, rispetto ai quali la nostra produttività è nettamente inferiore; occorre adottare le migliori pratiche non solo dell’Europa. L’Italia deve anche difendere con orgoglio la sua vocazione manifatturiera.

La stessa Commissione europea, in un recente documento sulla competitività, considera vitale per il futuro dell’economia del continente rilanciare il manifatturiero operando su education, ricerca e innovazione, semplificazione, mercato unico ed efficienza ambientale ed energetica.

* * *

In questo documento Confindustria indica gli ambiti chiave dove intervenire e le azioni prioritarie da intraprendere con urgenza per imprimere un ritmo diverso allo sviluppo. Alcuni interventi possono essere attuati subito e senza costi. Altri richiedono un’azione duratura, costante e coerente nel tempo.  Queste azioni non hanno colore politico, non sono né di destra né di sinistra, come senza colorazione politica è il traguardo della crescita. La crescita economica è il vero bene comune della nazione perché crea ricchezza nell’interesse e a beneficio di tutti.

1. Governabilità, Riforme, Liberalizzazioni e Privatizzazioni

Proposte:

·  correzioni e integrazioni alla II parte della Costituzione;
·  superamento del bicameralismo perfetto;
·  rapporto fiduciario monocamerale;
·  più poteri al premier, a cominciare da proposta e revoca dei ministri
·  sfiducia costruttiva;
·  nuova legge elettorale, che consenta di scegliere chi mandare in Parlamento e riduca il numero di deputati e senatori;
·  riforma dello Stato e vero federalismo fiscale;
·  abolizione progressiva delle Province, partendo dalle aree metropolitane;
·  meno regole, meno tasse, meno Stato in economia;
·  liberalizzazioni e privatizzazioni a livello nazionale e nei servizi pubblici locali;
·  privatizzazione del patrimonio immobiliare degli enti locali;
·  Lo Stato faccia quello che i cittadini non possono fare.

La governabilità del sistema Paese, la sua capacità di decidere sono una precondizione indispensabile per la crescita. Dall’ingresso dell’euro, cioè negli ultimi dieci anni, non ci sono state incisive riforme perché chi vince le elezioni non riesce a governare.

Le proposte istituzionali puntano a dare al governo una maggiore capacità di decidere e ad accrescere la responsabilità di chi decide. Il federalismo fiscale mira anche a ridurre il peso del debito pubblico, che negli ultimi anni è aumentato soprattutto in ambito locale, e a frenare la spesa pubblica che genera inefficienza, sprechi e concorrenza sleale.

Puntiamo ad una vera sussidiarietà: il pubblico, a tutti i livelli, assicuri solo quelle attività che i privati cittadini non possono fare.

L’intervento diretto del settore pubblico in economia si è in gran parte trasferito dal livello statale a quello locale. Gli enti locali hanno un ricco patrimonio spesso poco o male utilizzato che va privatizzato. Gli enti locali hanno esteso la rete dei servizi pubblici prodotti fuori dal regime di concorrenza, generando un neostatalismo municipale a fini di consenso elettorale che abbiamo  più volte condannato. Occorre liberalizzare e privatizzare queste attività, compreso il settore idrico, e vanno fortemente limitate le possibilità di affidamento “in house”. In questo modo si genera efficienza e si innalzano produttività e crescita.

Il federalismo fiscale è indispensabile per trasferire la responsabilità delle decisioni il più vicino possibile ai bisogni dei cittadini e delle imprese. Si deve creare una concorrenza virtuosa tra regioni su un tema fondamentale:  il rapporto tra prelievo fiscale e servizi offerti a cittadini e imprese.

2. Risanamento dei conti pubblici

Proposte:

·  anticipare al 2010 l’obiettivo di pareggio del bilancio pubblico;
·  anticipare al 2010 l’obiettivo di riduzione del debito pubblico sotto il 100% del PIL;
·  portare nel 2010 l’avanzo primario al 5% del PIL (dal 3,1% del 2007) e mantenerlo costante;
·  elevare dal 2,5% al 3,5% del PIL la spesa pubblica per investimenti entro il 2010;
·  ridurre dal 39,6% del 2007 al 37% del PIL entro il 2010 la spesa corrente primaria risparmiando sulla spesa per il personale e sugli acquisti di beni e servizi.

Non è una passeggiata. Occorre farlo sapere con chiarezza e trasparenza agli italiani.  Il nuovo miracolo economico è possibile solo con impegno, sacrifici, riforme coraggiose.

La stabilità dei conti pubblici è fondamentale. Occorre darsi obiettivi sfidanti per cambiare le aspettative e creare certezze: le decisioni di spesa delle famiglie e delle imprese sono state inibite dal timore di nuove e continue manovre di risanamento. E ciò ha frenato la crescita.

Senza decisivi, drastici e impopolari tagli strutturali alla spesa pubblica non sarà possibile rilanciare la crescita economica. Non ci sono soluzioni senza costi o con costi solo a carico di altri.  Con i risparmi di spesa vanno reperiti i 30 miliardi che mancano per azzerare il rapporto tra deficit e PIL.

L’extragettito ottenuto dalla lotta all’evasione va destinato alla diminuzione delle aliquote fiscali. La riduzione della spesa pubblica cambia la mentalità e il modo di lavorare, ponendo al centro la qualità e il servizio per i cittadini. 

In Italia la macchina amministrativa assorbe il 18,7% della spesa pubblica. In Francia il 13,4%, in Germania il 13,1%. In Spagna il 12%.  C’è molto spazio per ristrutturare e risparmiare.

3.  Riduzione delle imposte

Proposte:

· riduzione dell’IRES di 3,5 punti per portarla in cinque anni alla media europea (24%);
· eliminazione progressiva del costo del lavoro dalla base imponibile IRAP;
· eliminazione delle addizionali regionali IRAP che addossano alle imprese i costi della cattiva gestione della sanità;
· diminuzione graduale della pressione fiscale complessiva iniziando a portarla dal 43,3% del 2007 al 42% nel 2010;
· riduzione di 5 punti del cuneo fiscale e contributivo, che in Italia rimane tra i più elevati.

Si tratta di ipotesi che non sono destinate a sommarsi tutte tra loro, ma costituiscono leve possibili per ottenere il risultato. Il taglio del cuneo fiscale avviato nel 2007, ad esempio, è stato ottenuto riducendo la base imponibile IRAP.     

Certamente, maggiore crescita e minore spesa pubblica devono tradursi in una riduzione della pressione fiscale su cittadini e imprese.  Tasse così alte come quelle che si pagano attualmente sottraggono potere d’acquisto alle famiglie e riducono la competitività del Paese.

Per le imprese occorre ridurre il peso complessivo sul risultato operativo lordo di tutte le tasse pagate, a diverso titolo, a livello nazionale e locale (il cosiddetto total tax rate).

Secondo la Banca Mondiale, prima delle riduzioni di aliquote IRES e IRAP introdotte dalla Finanziaria 2008, tale peso era in Italia del 76% contro il 66% della Francia, il 62% della Spagna, il 54% della Svezia, il 51% della Germania e il 46% degli Stati Uniti. Esistono, dunque, ancora ampi margini di intervento.

Agendo sull’IRAP si può così ridurre nel corso della legislatura il “cuneo fiscale e contributivo” di altri cinque punti con benefici divisi fra imprese e lavoro dipendente. Una simulazione del Centro Studi Confindustria dimostra che un taglio del cuneo per nove miliardi di euro innalza il PIL dello 0,4-0,9% in tre anni, l’occupazione dello 0,2-0,6%, i consumi dello 0,8-1,2%. L’efficacia è tanto maggiore quanto più la riduzione è indirizzata verso le imprese, attraverso l’abbattimento del costo del lavoro, perché stimola gli investimenti, aumenta la competitività, riduce i prezzi.

Dalla lotta all’evasione, che rimane ampia  - il mancato gettito è di oltre 90 miliardi di euro, pari ad almeno 6 punti di PIL -  possono venire le risorse necessarie a ridurre le aliquote.   Bisogna pagare tutti per pagare meno, affrontando con coraggio e tenacia il sommerso. La lotta all’evasione va condotta in modo efficace ed efficiente, senza inutile accanimento verso quei contribuenti onesti - cittadini e imprese - che già pagano le tasse e ne pagano molte.


4. Lavoro, Contratti, Salari, Produttività
     
Proposte:

· decontribuzione e detassazione strutturale dell’intero importo dei premi di risultato;
· detassare gli straordinari;
· computabilità dell’intera somma a fini pensionistici;
· servizi per l’impiego più efficaci;
· moderni ammortizzatori sociali per sostenere il reddito dei lavoratori nel passaggio da un lavoro ad un altro, compreso il pubblico impiego;
· potenziare la formazione continua;
· sbloccare e valorizzare l’apprendistato per renderlo lo strumento principale per l’assunzione stabile dei giovani;
· semplificare le regole del processo del lavoro e favorire il ricorso all’arbitrato;
· rivedere il sistema delle quote per i lavoratori stranieri e favorire l’ingresso di personale qualificato e specializzato;
· unificare gli enti che si occupano di prevenzione e sicurezza sul lavoro.

Per aumentare le retribuzioni occorre dar vita a un circolo virtuoso fra salari, produttività e crescita economica. Nel settore pubblico occorre ottenere guadagni di produttività di almeno il 5% annuo.

La strada, avviata con il Protocollo sul Welfare, è quella di incentivare la contrattazione di secondo livello che collega aumenti salariali a obiettivi di produttività concordati tra impresa e sindacati. I premi di risultato devono costare meno all’azienda (minori contributi previdenziali) e assicurare ai lavoratori somme più “pesanti” perché sgravate da contributi e tasse pur senza perdere nulla sul piano pensionistico.

Più in generale vogliamo pagare di più chi lavora di più. Va detassato, a favore dei lavoratori, il lavoro straordinario dopo che è stata eliminata l’ingiusta sovracontribuzione a carico delle imprese.

Per aumentare la competitività servono nuovi equilibri tra  tutele per i lavoratori e sviluppo di un’organizzazione del lavoro più moderna e flessibile.

Il sistema produttivo italiano sta attraversando una profonda trasformazione verso prodotti a più alta qualità e contenuto innovativo e sempre più richiede lavoratori preparati. Perciò sono indispensabili il potenziamento della formazione e l’attrazione dei talenti.

La sicurezza sul lavoro ha bisogno di collaborazione, dialogo e formazione.

Occorre creare una cultura della sicurezza. Ci vuole una nuova attitudine alla prevenzione dei rischi da parte di istituzioni, lavoratori e imprese. Le imprese nel fare prevenzione hanno bisogno di certezza sulle misure da adottare. Vanno unificati, e focalizzati soprattutto su attività di prevenzione, i vari enti che, a diverso titolo, si occupano di sicurezza sul lavoro.

No ad un approccio basato solo su adempimenti burocratici e su un abnorme inasprimento delle sanzioni. 

 

5. Semplificazione

Proposte:

· approvare definitivamente e al più presto le misure già concordate dalla piccola industria con il Ministero della Funzione Pubblica:

  a) semplificazione dei controlli per le imprese certificate
  b) rinnovo automatico delle autorizzazioni
  c) apertura di nuove attività
  d) riduzione adempimenti in materia di privacy
  e) introduzione del danno da ritardo nel rilascio dei nullaosta;

·  ridurre annualmente, almeno del 10%, i costi per adempimenti burocratici, proseguendo e implementando le attività di misurazione degli oneri;
·  attribuire un ruolo forte all’interlocutore unico per le strategie di semplificazione, rafforzando anche il coordinamento tra Stato e Regioni per una migliore qualità della regolazione a livello regionale;
·  proseguire con il meccanismo  “taglia leggi”.

La burocrazia è un ostacolo micidiale alla crescita del Paese, limita le potenzialità di sviluppo delle aziende anche del 50%, è il principale motivo di non attrazione di investimenti esteri in Italia. La moltiplicazione e stratificazione delle leggi, le loro interpretazioni variegate e aleatorie, la lunghezza delle risposte della pubblica amministrazione e della giustizia civile scoraggiano gli investimenti e  riducono lo sviluppo.

La burocrazia inefficiente è gravissima per le piccole aziende perché  sottrae all’attività d’impresa la risorsa più importante: il tempo dell’imprenditore. Proponiamo riforme a costo zero per i conti pubblici. Anzi, poiché rilanciano la crescita, generano nuove entrate fiscali.

6.  Energia e Ambiente

Proposte:


· attuare con urgenza il piano nazionale di efficienza energetica per ridurre i consumi e aumentare la competitività del sistema industriale;
· velocizzare con iter certi, rapidi e trasparenti la realizzazione di investimenti nelle infrastrutture energetiche;
· sbloccare immediatamente la realizzazione dei rigassificatori;
·  potenziare il sistema gas (utilizzo delle risorse nazionali e ampliamento delle infrastrutture di stoccaggio);
·  razionalizzare il mix delle fonti con maggior utilizzo del carbone;
·  puntare sul nucleare di nuova generazione;
·  completare il mercato elettrico;
·  ripristinare, da parte del Governo, l’acquisto di crediti di emissioni di gas serra sul mercato internazionale per il periodo 2008-2012;
·  assumere, per l’attuazione del protocollo di Kyoto dopo il 2012, obiettivi realizzabili e sostenibili per il Paese;
·  emanare i decreti attuativi previsti dal Codice Ambientale;
·  regolamentare, a livello nazionale, l’assimilazione dei  rifiuti industriali ai rifiuti urbani;
·  nuova cultura ambientale, a cominciare dalla scuola: rapporto positivo con lo sviluppo.

Le imprese italiane pagano l’energia il 30%  più della media europea (il 60% più delle concorrenti francesi).

L’energia e il cambiamento climatico sono questioni cruciali strettamente legate tra loro e che sempre più condizioneranno la crescita economica futura. Occorrono scelte precise non più rinviabili dopo che per troppi anni vi è stato un totale immobilismo.

Una immediata attuazione del piano nazionale di efficienza energetica, come avviene in Germania, può ridurre i consumi finali del Paese di oltre il 10 per cento.

In Italia servono nuovi investimenti: vanno accelerati con iter più snelli e chiari.

In particolare, per i rigassificatori, va sbloccato l’iter autorizzativo degli impianti già previsti; per i tre maggiori, con capacità complessive per circa 20 miliardi di metri cubi, il procedimento autorizzativo è concluso a livello ministeriale; per altri otto, con capacità complessiva di 64 miliardi di metri cubi, il procedimento autorizzativo è in corso.

Il gasdotto dalla Russia (TAG) può aumentare la propria capacità entro il 2011, quello dall’Algeria (Transmed) entro il 2012.

Per avviare un riequilibrio del mix di fonti occorre completare la riconversione a carbone degli impianti di Tor Valdaliga Nord, Porto Tolle e Vado Ligure. 

Per il nucleare sono tre le azioni prioritarie: partecipazione dell’Italia all’attività di ricerca e sviluppo nei reattori di quarta generazione; partecipazione italiana alla realizzazione di centrali all’estero, in particolare vicino ai confini, attivando linee di interconnessione ad hoc; realizzare impianti nucleari di nuova generazione in Italia verificando anche la possibilità di una compartecipazione utenti-produttori industriali per la realizzazione.

Il completamento del mercato elettrico renderà più competitivo il settore con un forte processo di liberalizzazione.

L’attuazione del protocollo di Kyoto per il quadriennio 2008-2012 necessita di ripristinare l’acquisto di crediti di emissioni di gas serra sul mercato internazionale da parte del Governo. Ciò per garantire una assegnazione gratuita delle quote di emissione a tutti i nuovi impianti che verranno attivati in quel periodo, impianti che altrimenti verrebbero gravati subito da oneri aggiuntivi.
Nell’ambito degli impegni assunti dall’Europa per la lotta ai cambiamenti climatici successivamente al 2012, l’Italia deve negoziare propri obiettivi realizzabili e sostenibili che non creino condizioni distorsive della competitività dei nostri settori industriali.
 
Occorre definire i decreti attuativi previsti dal Codice Ambientale del 2006 parzialmente modificato nel gennaio 2008 recuperando innanzitutto quelli emanati nel 2006 ma rimasti inefficaci.

Sono urgenti il decreto sull’assimilazione dei rifiuti industriali ai rifiuti urbani e la definizione delle regole per il ritiro dei cosiddetti RAEE, i rifiuti elettrici ed elettronici. Per le bonifiche dei siti inquinati occorre accelerare l’applicazione degli accordi di programma per la reindustrializzazione previsti dal decreto correttivo del Codice Ambientale.  Va superata al più presto la situazione di stallo creata dalla non operatività della commissione ministeriale competente per il rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) ai circa 200 grandi impianti di competenza statale. 

7.  Infrastrutture

Proposte:

· opere prioritarie: Torino-Lione e Corridoio 5 (alta velocità Milano-Brescia, Verona-Padova-Venezia-Trieste); Brennero; Terzo Valico di Genova; alta velocità Napoli-Bari; autostrada Salerno-Reggio Calabria; Statale jonica; Pedemontana; Brebemi; ferrovia Palermo-Messina-Catania;
· realizzare tutte le opere necessarie a completare le grandi reti europee;
· nuova disciplina del project financing.

L’inadeguatezza delle infrastrutture costituisce una grave strozzatura per i cittadini, le imprese, il turismo e in generale per le potenzialità di crescita del Paese.   In Italia i costi relativi al trasporto e alla logistica incidono per oltre il 20% (20,5%) sui costi di produzione, mentre nell’Europa dei 15 incidono per il 16%.   Abbiamo, quindi, uno svantaggio competitivo di quattro punti e mezzo. 

Una buona dotazione infrastrutturale è vitale per il rilancio del turismo che può diventare uno dei volani della crescita. Il turismo ha bisogno di una decisa riqualificazione dell’offerta per intercettare la domanda a più alto valore aggiunto, necessita di una cabina di regia nelle promozioni di fronte all’accentuata concorrenza internazionale. Gli enti locali spendono male il danaro pubblico; investono nel complesso tre volte la Spagna che ottiene risultati enormemente più efficaci.

La scarsità dei fondi disponibili per grandi opere richiede di focalizzarsi su poche priorità.

Le grandi infrastrutture europee hanno già ottenuto circa un miliardo di finanziamenti UE.
Il Terzo Valico di Genova è fondamentale per il raccordo fra Mediterraneo e Mare del Nord.

La ricerca di una soluzione per Malpensa deve tener conto delle esigenze di alcune fra le più importanti regioni economiche del Paese.

Al Sud mancano collegamenti tra regioni e in generale la sottodotazione di infrastrutture si accentua. Perciò è indispensabile potenziare la rete stradale e ferroviaria, così da farne un’unica,grande area integrata. Tali opere, di per sé fondamentali, assumono ancora più importanza se si dovesse riprendere il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina.

Dal punto di vista normativo occorre correggere il Codice dei Contratti Pubblici riformulando la disciplina in materia di project financing.

Nei trasporti è ormai divenuta urgente l’istituzione di una AUTORITA’ di SETTORE per favorire la concorrenza nelle singole modalità e nell’integrazione logistica.

8.  Istruzione, Università

Proposte:

· rafforzare la capacità competitiva della scuola pubblica;
· promuovere la competizione e l’emulazione tra le scuole, sia statali che paritarie, con modalità di finanziamento che premino le offerte migliori, incentivino lo sviluppo e trasferiscano risorse direttamente alle famiglie per ampliarne la libertà di scelta;
· riconoscere il merito tra gli insegnanti con la selezione, la remunerazione, la carriera;
· portare a compimento il processo di autonomia dell’università ridefinendo le responsabilità dei soggetti della governance universitaria;
· portare almeno al 30% nell’arco di un triennio la percentuale di fondi pubblici attribuiti alle università in forma concorrenziale.

La conoscenza è la nuova frontiera della crescita economica. Se adeguassimo entro il 2020 i livelli di apprendimento italiani a quelli delle nazioni con popolazione più istruita il PIL potrebbe aumentare fino al 15% grazie al miglioramento della produttività.

Ma non basta aumentare il numero di anni di istruzione: è indispensabile migliorare la qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento. Perciò occorre introdurre forti criteri meritocratici nel sistema scolastico e in quello universitario. 

Infine occorre affrontare con decisione l’emergenza tecnico-scientifica del nostro paese. Man mano che le imprese riorganizzano e orientano la produzione verso beni di qualità, con contenuti innovativi e tecnologici superiori, vedono mancare risorse umane e figure professionali all’altezza delle sfide competitive per lo scarso orientamento dei giovani verso l’istruzione tecnica e le facoltà tecnico-scientifiche.

9.  Ricerca, Innovazione

Proposte:

· portare al 2% del PIL gli investimenti  in ricerca entro il 2011:
ricerca pubblica da 0,56 a 0,80% del PIL;  ricerca attivata dalle imprese da 0,62 a 1,20% del PIL;     
· elevare al 20% il credito di imposta per la ricerca fatta all’interno dell’azienda;
· estendere ai centri ricerca privati non profit e indipendenti il credito di imposta del 40%;
· dare continuità decennale agli incentivi fiscali e ai progetti di innovazione industriale;
· completare la rivisitazione degli incentivi;
· completare la rete della banda larga e dar vita ad un vasto piano di alfabetizzazione  informatica.

Queste misure sono indispensabili per arrivare in breve tempo a coprire la distanza ancora troppo ampia negli investimenti in ricerca e innovazione che ci separa dagli altri Paesi. Introducendo questi miglioramenti al sistema esistente ed assicurando risorse pubbliche aggiuntive per 1,5 miliardi all'anno, nel 2009 potremmo raggiungere  un investimento di almeno 1,4 % del PIL  e puntare nel 2011 al 2 % del PIL.

Sulla ricerca e sull’innovazione si gioca il futuro manifatturiero ed economico del Paese. Bisogna integrare di più e meglio i centri di ricerca e le Università con il sistema delle imprese, costituito soprattutto da aziende piccole. Perciò occorre completare e attuare rapidamente il “pacchetto” che è stato definito in questi anni e che, soprattutto attraverso il credito di imposta, può diffondere la ricerca tra le PMI.

Il progetto Industria 2015 si è rivelato un importante catalizzatore di idee e progetti che hanno coinvolto le energie del sistema industriale: non va accantonato. Per questi progetti vanno assegnate dotazioni finanziarie adeguate, a cominciare per il prossimo triennio da un investimento aggiuntivo di 500 milioni per aree di intervento.


10. Mezzogiorno

Proposte:

· potenziare le infrastrutture (vedere punto 7) raddoppiando la capacità di spesa annua;
· sostenere la lotta ai racket;
· dare immediata operatività agli strumenti automatici previsti dalla Finanziaria 2008 (credito di imposta e bonus occupazione);
· ridurre da 24-28 a 6 mesi le procedure autorizzative dei contratti di programma e localizzazione;
· rafforzare la fiscalità compensativa a favore delle imprese;
· riportare immediatamente i tempi di pagamento della pubblica amministrazione ai valori medi nazionali e tendenzialmente a quelli previsti dalla legge (30 giorni).

Il Sud soffre, in misura amplificata, delle stesse cause nazionali della mancata crescita: lo Stato che non assicura i servizi essenziali (a cominciare dalla sicurezza pubblica), la burocrazia inefficiente, le infrastrutture scadenti, la pressione fiscale elevata soprattutto in rapporto ai servizi pubblici erogati e, in molte aree, la forte presenza di criminalità organizzata.

Il tasso di occupazione è di un terzo inferiore rispetto al Nord.

L’obiettivo strategico deve essere quello di portare il PIL per abitante del Mezzogiorno vicino al valore del Nord: obiettivo quasi impossibile da raggiungere in tempi medi poiché oggi è al 56,7%, ma che deve essere il riferimento per ogni scelta concreta.

Per far ciò occorre agire simultaneamente su vari fronti: dalle infrastrutture al sostegno agli investimenti, dai contratti di programma alla lotta ai racket (in molte regioni il costo delle estorsioni sfiora l’1% del PIL) e alla criminalità organizzata, concentrando le risorse europee (pari a circa 1,2 miliardi) sul controllo del territorio e la protezione delle aree industriali.

I ritardi nei pagamenti per la fornitura di beni e servizi alla pubblica amministrazione raggiungono in taluni settori (sanità) nelle regioni meridionali anche i 400 giorni. Serve un piano straordinario per avvicinare i tempi ai 30 giorni previsti dalla legge.

Il livello attuale di investimenti esteri nel Mezzogiorno, vicino allo zero, rende indispensabile, d’intesa con l’Unione europea, estendere il principio della fiscalità compensativa, già introdotto attraverso il taglio del cuneo fiscale, il credito d’imposta e gli sgravi nelle Zone Franche Urbane.

 

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